Penelope racconta di aver sognato venti oche (oche maschi!) che beccano il grano (ritorna il numero venti) e che arriva un’aquila che le uccide. Interessante è notare la presenza di un altro gioco di parole che si perde nella traduzione: i sogni, dice Penelope, possono entrare da due porte: quelli della porta d'avorio (ἐλέφας- elefas) ingannano (ἐλεφαίρονται - elefairontai), mentre quelli della porta di corno (κέρας- keras) presentano cose che sono vere (ἔτυμα κραίνουσι - etyma krainousi ) e quindi si realizzano. Stranamente, come aveva notato Eustazio di Tessalonica, per gli antichi le cose buone e vere avevano affinità con gli oggetti più preziosi, ma l'avorio è più prezioso del corno: questa contraddizione però si risolve se si pensa che il corno richiama alla mente l'occhio (la cornea, ma anche la pupilla, κόρη, kore), mentre l'avorio richiama i denti, cioè la bocca; in Omero risuona spesso la frase “quale parola ti è uscita dal recinto dei denti”(Od. I, 64)); quindi si deve credere a ciò che si vede e non a ciò che viene detto (e lei vede bene che quello che ha davanti non è suo marito).
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