A proposito di traduzioni, forse non molti sanno che esiste persino una versione dell’Iliade in dialetto veneziano: il suo autore è nientemeno che il più celebre playboy della storia, anche lui diventato famoso per le avventure, i viaggi e i guai… tale Giacomo Casanova! Certo, è un’esperienza a dir poco spiazzante sentire il possente Agamennone parlare come Sior Todero Brontolon!
Tradurre è un po' tradire, dicono i saggi, ma per fortuna oggi i progressi dell'informatica ci consentono anche di avere eccellenti traduzioni automatiche… o no? Posso raccontarvi un simpatico caso che mi è capitato poco tempo fa: avevo trovato su internet un lungo articolo di archeologia in inglese, e per avere un'idea rapida di che cosa trattasse, ho pensato bene di farlo tradurre da uno dei migliori traduttori automatici presenti in rete. C'era un frase che diceva: “Negli scavi i ricercatori hanno trovato molte foche”… come, scusate, foche in Mesopotamia? Forse c'è qualcosa che non quadra… in effetti il testo inglese parlava di “many seals” e seal può voler dire “foca”, ma anche “sigillo”, e quindi logicamente negli scavi erano stati trovati molti sigilli. In un altro punto la traduzione italiana raccontava di un re assiro che possedeva una biblioteca con molte “compresse”, dove il termine originale era “tablets”, cioè tavolette! La storiella può dare un'idea di come una traduzione possa essere completamente fuorviante se il traduttore non sa esattamente di che cosa sta parlando l'autore, o a quale contesto storico e geografico si riferisce. Come pure, talvolta, non si riesce a interpretare correttamente il tono ironico di un’espressione, come nel caso della madre dell’accattone Iro, che probabilmente era tutt’altro che nobile, o dell’aggettivo ἀμύμων (amū́mōn), che caratterizza Egisto, assassino di Agamennone nonché amante di Clitemnestra, che era tutt’altro che“nobile, eccellente, irreprensibile”, come viene spesso tradotto.
Ora però un esempio può essere utile per spiegare meglio come tuttavia i poemi possono essere stati trasmessi per tre millenni fino a noi, senza che il loro significato sia stato sostanzialmente alterato, e senza dover supporre un massiccio intervento di diversi autori sul testo originario, come invece sostengono molti filologi. Prendiamo un paio di versi celeberrimi:
A metà del cammino della mia esistenza
mi trovai in una scura foresta
Penso che tutti abbiano riconosciuto l’inizio del più famoso poema italiano, La Divina Commedia di Dante Alighieri, anche se qualcosa è cambiato… infatti noi lo conosciamo così:
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
Che cosa è cambiato? Praticamente tutto, ma sostanzialmente niente! Nel mezzo è diventato A metà, cammin si è allungato a cammino, di nostra vita è diventato singolare, della mia esistenza, ritrovai è stato corretto in trovai, e infine selva oscura non solo ha cambiato le parole, ma ha pure invertito l’ordine tra aggettivo e sostantivo trasformandosi in scura foresta. Eppure, nonostante tutte le modifiche forzatamente introdotte, il senso del discorso è rimasto chiarissimo. Noi sappiamo per certo che la Commedia è opera di un unico autore, ma se anche ad essa fossero stati applicati certi metodi di indagine con cui sono state sezionate l’Iliade e l’Odissea, forse qualche glottologo sarebbe arrivato a sostenere che tutte le volte che compare la parola cammin, questa è opera di Dante, mentre la parola cammino è opera di un altro autore. Sappiamo invece benissimo che i poeti modificano spesso le parole per motivi di metrica e musicalità del verso. L’esempio è volutamente esagerato, ma serve per dare un’idea di come si sia proceduto per secoli, solo perché non si è riusciti a individuare la logica con la quale entrambi i poemi omerici sono stati costruiti. Anche nella Divina Commedia si mescolano realtà, personaggi storici, racconti di tradizione orale e fantasia, ma nel caso di Dante è molto più facile distinguere le varie componenti, perché disponiamo di molta più documentazione rispetto ad Omero. Naturalmente, ciò non vuol dire che un verso poetico non possa prestarsi a molteplici interpretazioni, anche perché molto spesso è proprio quello lo scopo del poeta: un bravo esegeta può dire che l'inizio della Divina Commedia rappresenta lo stato di turbamento di un uomo maturo che deve affrontare le proprie incertezze esistenziali, mentre con un'altra interpretazione più banale si potrebbe sostenere che quello è il racconto di un tizio un po' distratto che si è perduto in un fitto bosco!
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