Navi con testa di animale sono rappresentate in molti graffiti antichi del nord Europa; modellini di bronzo sono comuni nell'archeologia sarda; anche le navi fenice avevano spesso una prua a forma di testa di cavallo o di altri animali, proprio come le navi vichinghe, tanto da essere chiamate hippos.
Alcuni studiosi ipotizzano che il famoso "cavallo di Troia" fosse in realtà una nave di questo tipo, ma non si spiega perché i Troiani avrebbero dovuto trascinare una nave fino dentro la città, quando sarebbe stata perfettamente al suo posto sulla spiaggia. Si potrebbe pensare anche che accoppiando due navi l'una sull'altra come il guscio di una noce si otterrebbe un contenitore adatto a tenere nel suo interno un gruppo di soldati.
C’è anche il racconto di Elena che nel quarto libro dell’Odissea dice a Telemaco e a suo marito Menelao che il buon Ulisse, dopo essersi inferto da solo vili ferite, e indossato degli stracci, si era introdotto a Troia fingendosi un mendicante; solo lei l’aveva riconosciuto e si era messa tranquillamente a lavarlo e a ungerlo, mentre lui, l’astuto acheo, le rivelava tutto il piano per espugnare Troia, facendole giurare di non dire niente a nessuno. E lei era tutta contenta perché non vedeva l’ora di ritornare dal suo maritino adorato. Cioè… l’astuto Ulisse sarebbe arrivato inosservato fino alla stanza da letto della più bella donna del mondo, solo per farsi dare una rinfrescatina e raccontarle per intero il suo loschissimo disegno! Ci sarebbe da ridere già adesso, ma Omero continua a prenderci in giro con la risposta di Menelao, che loda la sua donna e subito dopo racconta di quando lui, Ulisse e tutti i migliori guerrieri achei stavano dentro al cavallo di legno, e la brava Elena cosa combinava? Da fuori li chiamava tutti quanti per nome, imitando le voci delle mogli lasciate a casa, mentre quelli da dentro smaniavano per risponderle, e Ulisse tappava loro la bocca! Babbei gli Achei, e babbei i Troiani che non si accorgevano di niente! Senza contare che la stessa vicenda del cavallo cavo con dentro i guerrieri, che viene trasportato fino nella città con grande fatica è decisamente inverosimile: nessuno si rende conto che c’è qualcosa di strano, o che nel suo interno c’è gente con le armi che risuonano ad ogni sobbalzo… e spesso i bambini a cui la storiella viene raccontata, obbiettano con disarmante ingenuità: “Ma a quelli là dentro, dopo tutto quel tempo, non scappava la pipì?”. Insomma la vicenda racchiude una tale selva di contraddizioni ed assurdità che il buon Telemaco pensa bene di porvi rapidamente fine, ripetendo ancora una volta che suo padre è morto, e andandosene a dormire.
A questo punto si può anche
pensare, riprendendo le osservazioni di alcuni storici dell’antica Grecia, che il famoso “Cavallo di Troia” fosse in
realtà una specie di “macchina da guerra”, non molto dissimile da quelle
architettate da Cesare per conquistare Alesia. Il suo nome potrebbe significare
che esso serviva a "scavalcare" le mura nemiche, e non è un caso se
nel gioco degli scacchi, un antichissimo gioco di guerra, il Cavallo è l'unico
in grado di oltrepassare con un salto gli altri pezzi. Del resto, anche altre
armi da assedio prendono il nome da animali, come il ben noto "ariete",
usato per sfondare le porte, o la "testuggine" e l"onagro",
ed erano usate fin dall'antichità: rilievi assiri del VII secolo avanti Cristo
mostrano torri semoventi su ruote, impiegate per attaccare le mura delle città
nemiche. Riferendo le vicende delle guerre germaniche del I secolo, Tacito
(Storie,
4, 30)
descrive i tentativi dei Batavi (una tribù stanziata presso la foce
del Reno) di costruire una torre da assedio a due piani, che però
crolla miseramente: il che dimostra, da una parte, che anche i
Germani costruivano macchine da guerra, e dall'altra che però non
erano tanto bravi. Quindi realizzare il “cavallo” doveva essere
un lavoro che richiedeva una certa dose di ingegno, degna dell'astuto
Ulisse; il quale peraltro, contrariamente a quanto spesso si crede,
riferisce che il costruttore del marchingegno era stato un certo Epeo
(Od.
VIII,493 e XI, 523),
altrimenti poco noto. Se non altro non possiamo incolpare Ulisse di
aver violato pure i diritti di copyright!
C’è anche da considerare la propensione dei popoli
nordici a bere e sbronzarsi in modo esagerato, ben testimoniato da tutte le
fonti storiche: Troia fu distrutta perché i suoi abitanti, illusi che i nemici
se ne fossero andati, non misero nessuno di guardia e si diedero alla pazza
gioia tanto da essere tutti ubriachi fradici! Tutto quello che leggete in questo sito (e molto di più) si trova nel libro che potete acquistare a prezzo scontato qui https://astutoomero.blogspot.com/2017/07/neomecenatismo.html
Nessun commento:
Posta un commento